NORME E REGOLAMENTI PER LA PROGETTAZIONE DI UN’ETICHETTA ALIMENTARE: A QUALE SANTO VOTARSI?

In questo post:

Etichetta alimentare | Packaging | Norme di riferimento | Codice del Consumo | Regolamento UE n. 1169/2011 | Regolamento UE 775/2018

Tempo di lettura: 10′ | A cura di Aurelio Bauckneht


Il marketing del comparto alimentare può contare su un quadro normativo abbastanza strutturato, ma – ahinoi – non completo e in continuo mutamento. Le leggi e i regolamenti di riferimento, obiettivamente, non brillano per chiarezza e di certo non sono sufficienti per perimetrare le mille sfaccettature del comparto agrifood. I principi generali che muovono il legislatore, in primis l’assoluta necessità di tutelare il benessere e i diritti del consumatore in relazione alle esigenze dell’industria, si scontrano con la pratica, con l’interpretazione delle norme e quindi con la quotidianità dei vari “uffici qualità” e di chi deve impaginare e mandare in stampa ingenti quantità di etichette alimentari e packaging. Tra incertezze, punti di vista e vuoti normativi, dobbiamo considerare inoltre i ritmi forsennati dello sviluppo tecnologico, dell’innovazione di prodotto e, particolare non secondario, i mutamenti culturali che caratterizzano ogni comunità; il consumatore è un soggetto altamente volubile, capace di spostare l’attenzione del mercato da un fattore all’altro, in un lasso di tempo assai ridotto e non compatibile con le tempistiche di chi ha la responsabilità di legiferare.

I marketer e i designer, in sinergia con i referenti aziendali della qualità, devono comunque conoscere il quadro normativo, nella consapevolezza che alcuni fattori potrebbero cambiare nel tempo, rendendo obsoleti e inutilizzabili delle etichette alimentari e dei packaging consolidati e considerati “a norma”.

Il parere di Elisabetta Guolo di Bugnion S.p.A. sulle norme di riferimento per la progettazione di una etichetta alimentare
Elisabetta Guolo di Bugnion S.p.A., esperta di diritto agroalimentare

Questa precarietà si declina inoltre, almeno all’interno dei confini dell’Unione Europea, su tutta la comunicazione di prodotto e non solo sulla singola etichetta. 

Per avere qualche sicurezza in più, abbiamo quindi chiesto lumi all’avvocato Elisabetta Guolo di Bugnion S.p.A., esperta di diritto agroalimentare. 

Grazie Elisabetta per la disponibilità. Prima di tutto puoi descrivere la tua attività e il focus di Bugnion S.p.A.?

Grazie a voi per l’opportunità. Ho conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense e successivamente l’abilitazione all’esercizio della professione di Consulente in Proprietà Industriale (sezione marchi). Mi occupo non solo di proprietà intellettuale, ma anche di diritto agroalimentare, etichettatura, presentazione e pubblicità di prodotti alimentari e di prodotti di largo consumo, maturando negli anni esperienza soprattutto nei settori della Grande Distribuzione Organizzata, Discount e Ho. Re. Ca.

Bugnion, società di consulenza specializzata nella gestione e protezione della proprietà intellettuale - www.bugnion.eu
Bugnion, società di consulenza specializzata nella gestione e protezione della proprietà intellettuale – www.bugnion.eu

Bugnion S.p.A. è fra i leader italiani ed europei nel settore della consulenza in proprietà industriale e intellettuale da più di cinquant’anni. Si occupa quindi, principalmente, della tutela dei beni immateriali delle aziende: i risultati della ricerca, dell’innovazione e della creatività (brevetti per invenzione e modelli industriali, disegni, processi produttivi innovativi, know-how, software, diritto d’autore, ecc.) e i segni distintivi (marchio, ditta o denominazione sociale, insegna, nome a dominio, ecc.) sui quali ottenere diritti di esclusiva.

Quali sono i regolamenti nazionali e UE di riferimento per gli operatori che si occupano della progettazione di etichette e packaging alimentare? In altre parole, qual è il quadro normativo che un marketer dell’agroalimentare deve o dovrebbe conoscere a menadito?

Innanzitutto, la prima norma da tenere in considerazione è il Codice del Consumo (D. Lgs. n. 206/2005), in quanto detta anche le linee generali in merito alle informazioni ai consumatori e specifica quali sono le comunicazioni scorrette e ingannevoli. Per chi si occupa di marketing è fondamentale fare attenzione al rispetto dei principi in esso contenuti, applicati poi dall’AGCM anche per valutare se alcune pubblicità contenenti claim scorretti costituiscano pratiche commerciali scorrette.
E’ altresì fondamentale conoscere e applicare le norme contenute nel Reg. UE n. 1169/2011 sulle comunicazioni sugli alimenti rese ai consumatori. In tal modo il marketer può già autonomamente tracciare i limiti, imposti dalle norme, alla propria creatività e sfruttarli per strutturare una comunicazione trasparente ed efficace nei confronti del consumatore, basata proprio sul principio di lealtà.
Anche la conoscenza del Reg. UE n. 1924/2006 sulle indicazioni nutrizionali e sulla salute è certamente da conoscere, soprattutto l’allegato I contenente l’elenco dei claims nutrizionali ammessi e aver presente come devono essere ideati i claims comparativi, spesso insidiosi per chi si occupa di marketing. Inoltre, per ogni claim sulla salute, è necessario sapere almeno che questo deve essere verificato di volta in volta; vale a dire che ogni volta che si pensi di sfruttare proprietà particolari di una sostanza presente nel prodotto, ovviamente sulla salute, dovrebbe avere già eseguito una verifica legale, o prepararsi a commissionarla. Le norme da conoscere, italiane e dell’Unione Europea, sono veramente molte, da quelle sul biologico a quelle vitivinicole e alle indicazioni di origine, senza dimenticare la normativa cosiddetta “verticale”, invece, che disciplina ogni singolo prodotto o categoria di alimenti (ex: pasta, pane, cacao, miele, birra, pesce, carne, acqua, succhi di frutta etc).

Possiamo considerare questo stato dell’arte abbastanza stabile o sono previste delle “nuove uscite”? Insomma, possiamo stare tranquilli per un po’?

Premetto che la normativa agroalimentare è in continua evoluzione e che immaginare un periodo di stabilità è quasi impossibile. A livello italiano è stato finalmente pubblicato sulla G.U. dell’8 luglio scorso (Serie Generale n. 170) il decreto che proroga le disposizioni obbligatorie di indicazione dell’origine, in etichetta, del grano duro per paste di semola di grano duro, del riso e dei derivati del pomodoro, i quali, invece avrebbero dovuto perdere di efficacia proprio il 1° aprile scorso, in occasione dell’entrata in vigore del regolamento UE n. 775/2018.

Sempre in ambito di indicazione di origine e tutela del made in Italy, trascorso il periodo di 3 mesi per l’autorizzazione da parte della Commissione europea, è stato firmato dal MIPAAF il decreto ministeriale recante disposizioni per l’indicazione obbligatoria del luogo di provenienza nell’etichetta delle carni suine trasformate.

Un altro decreto è stato notificato in Commissione, si tratta di quello contenente le norme relative all’utilizzo del logo nutrizionale facoltativo “NutrInform Battery” che costituisce la forma di presentazione complementare alla dichiarazione nutrizionale raccomandata dallo Stato italiano in applicazione dell’articolo 35 del Reg. UE n. 1169/2011. Alcuni Paesi membri hanno espresso pareri e osservazioni alla Commissione, pertanto restiamo in attesa dei futuri sviluppi.

Puoi fare una panoramica sul nuovo Regolamento 775/2018 (divenuto applicabile dal 1° aprile 2020)? Quali sono le novità principali?

Il Regolamento di esecuzione n. 775/2018 della Commissione ha introdotto le modalità di applicazione dell’art. 26 par. 3 del Reg. 1169/2011 (il Regolamento quadro in materia di etichettatura degli alimenti). Tale norma prevede che quando il Paese di origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato, e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario, occorre indicare anche il paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario o almeno indicarlo come diverso da quello dell’alimento.
Pertanto, ai sensi del Regolamento 775, se l’etichetta di un prodotto raffigura una bandierina, un’immagine di una cartina geografica, o una dicitura esplicita di made in, e l’origine o provenienza di tali segni è diversa da quella dell’ingrediente primario, allora il produttore dovrà esplicitare sulla confezione la vera origine/provenienza di tale ingrediente.

Un approfondimento sull’utilizzo dei toponimi geografici: quali novità?

L’uso di toponimi in etichetta è molto frequente, ma bisogna fare attenzione. Come illustrato nella risposta precedente, se in etichetta è presente un toponimo, noto al consumatore il quale può presumibilmente percepirlo come un’indicazione di origine del prodotto, ma tale origine non corrisponde a quella dell’ingrediente primario, scatta l’obbligo di indicare l’origine o la provenienza anche di quest’ultimo.
Diverso è il caso in cui, invece, il toponimo è inserito all’interno di un marchio registrato (se è percepito come indicazione di fantasia e come origine geografica il problema non sussisterebbe in ogni caso), o se è parte di una denominazione usuale e generica. In tali casi il regolamento 775 non trova applicazione.
E’ ragionevole ritenere, tuttavia, che in caso di marchio registrato contenente un toponimo apposto sull’etichetta, percepibile dal consumatore come origine/provenienza geografica del prodotto, siano comunque applicabili le norme a tutela del consumatore, quali ad esempio il Codice del Consumo, se tale indicazione può risultare ingannevole per il consumatore.
Infatti, la circostanza che il Regolamento 775 escluda i marchi registrati dal campo di applicazione, non significa che è consentito utilizzarli in modo decettivo per il consumatore. Tale pratica trova una forma di sanzionamento anche nel nostro Codice della Proprietà Industriale, il quale prevede che un marchio possa decadere in caso di illiceità sopravvenuta per uso ingannevole.

Quando verrà regolamento l’uso dei toponimi geografici nei brand?

Come affermato nelle risposte precedenti, il regolamento 775/2018 con grande sorpresa ha escluso dal proprio campo di applicazione i marchi registrati (quindi, attenzione, i marchi di fatto sono idonei a far scattare gli obblighi del regolamento!), oltre alle indicazioni geografiche protette e alle denominazioni usuali e generiche contenenti termini geografici la cui interpretazione comune non è di indicazione di origine o provenienza. L’esclusione dei marchi registrati che costituiscono un’indicazione dell’origine, tuttavia, è solo temporanea, in quanto saranno emanate norme specifiche in futuro. Al momento non ho notizie in merito a una pubblicazione di tali disposizioni nell’immediato futuro.

A quanto pare iI nuovo progetto UE “Farm to fork” prevede importanti novità anche a livello marketing. Quattro le tematiche in primo piano:

– la comunicazione etica delle filiere agroalimentari;

– una nuova etichettatura nutrizionale sulla parte anteriore dell’imballaggio obbligatoria;
– l’estensione a determinati prodotti dell’obbligo delle indicazioni di origine o di provenienza;
– l’armonizzazione delle dichiarazioni ambientali volontarie e per la creazione di un quadro per l’etichettatura di sostenibilità.

Tutto questo potrebbe stravolgere le poche certezze che abbiamo? Con quali tempistiche?

La novità più rilevante a mio avviso è relativa al mese di maggio, nel corso del quale la Commissione europea ha pubblicato il report sull’etichettatura nutrizionale front-of-pack (FOP), ai sensi dell’articolo 35, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1169/2011. Tale relazione passa in rassegna i principali sistemi di etichettatura nutrizionale FOP attualmente in uso o in corso di elaborazione a livello UE, e alcuni dei sistemi in vigore a livello internazionale. Il report conclude che l’etichettatura nutrizionale sulla parte anteriore dell’imballaggio (FOP) mira ad aiutare i consumatori a giudicare a colpo d’occhio le caratteristiche nutrizionali del prodotto, orientandone le scelte alimentari ed è sempre di più vista come uno strumento a sostegno delle strategie per la prevenzione delle malattie non trasmissibili legate all’alimentazione.
E’ altresì confermato il potenziale dei sistemi FOP nell’orientare i consumatori verso scelte alimentari salutari.
Per tali ragioni la Commissione ritiene opportuno introdurre un’etichettatura nutrizionale FOP armonizzata a livello dell’UE e, pertanto, la stessa preparerà a tempo debito una proposta legislativa in linea con gli obiettivi della strategia “Dal produttore al consumatore” e con i principi del “legiferare meglio”.

In attesa che i nostri amatissimi tecnici dell’UE vadano a sanare questi buchi normativi il prima possibile, non ci rimane in conclusione che fare tre cose:

1) Mandare un grandissimo ringraziamento ad Elisabetta Guolo di Bugnion S.p.A., esauriente e professionale come sempre!

2) Invitare tutti i marketer a dotarsi di dadi e santini per agevolare le scelte da fare nel corso della progettazione della prossima etichetta…

3) Ricordare che tutto questo vale solo ed esclusivamente per i Paesi della UE. Ogni Stato extra UE ha un suo regolamento di riferimento, più o meno approfondito, più o meno vincolante. Il mito del pack universale multilingua è una chimera che è meglio togliersi dalla testa…

Buon lavoro! 

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